

7
Frankenweenie
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Anno di produzione
2012
Diciamolo. Alice in Wonderland e Dark Shadows non sono forse stati due duri colpi da subire per gli amanti del curioso cinema di Tim Burton? Se la risposta è affermativa, allora Frankenweenie segna un discreto ritorno alla ribalta del regista. Mettete insieme la classica storia dell’adolescente statunitense innamorato del suo cagnolino e una singolare riedizione del Frankenstein di Mary Shelley, bene, ora buttate tutto nel frullatore perché occorre aggiungere ingredienti dal sapore agrodolce come un’atmosfera tetra e tenera allo stesso tempo, animata dalla consueta tecnica dello stop motion, metteteci anche un’ambientazione molto ben riuscita che fa l’occhiolino alle migliori sceneggiature di Hitchcock e una caratterizzazione dei personaggi come solo Tim Burton sa fare. Il risultato sorprende e consola, più per come che per cosa racconta.
Diciamo anche questo. Va bene il grande orgoglioso ritorno di Burton alla Disney, resuscitando quel cagnolino investito da eccessive mire pretenziose della Walt Disney Pictures; va bene il ritorno all’essenziale di una storia dal gusto casalingo; va bene anche l’interpretazione sentimentale del romanzo di Mary Shelley, che ci parla di un ragazzo innamorato del suo cucciolo e che tenta di riportarlo in vita solo per affetto e non per ciechi intenti scientisti, ma la pellicola lascia l’amaro in bocca se ci si aspetta una trama avvincente o almeno con qualche imprevisto. Una bella fiaba per piccoli e grandi quindi, tenera e generosa di spunti (come la morte, il potere evocativo del ricordo, la relazione tra scienza e vita, anche l’eugenetica se volete!) ma non si dica che è tornato il Tim Burton di Nightmare Before Christmas. Da lui ci aspettiamo qualcosa di più!
GUSTO:
Per chi ama il cinema inquieto del più inquieto dei registi e la caratterizzazione caricaturale dei suoi personaggi.
FRASE CULT:
“Non lo voglio nel mio cuore, lo voglio qui con me!”
Ulysses Everett McGill
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