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8

6,9

La Casa di Jack

Direttore

Lars von Trier

Stars

Matt Dillon, Bruno Ganz, Uma Thurman

Scrittore

Lars von Trier

Produttore

Durata

2h 32min

Deals
Anno di produzione

2018

Jack è un ingegnere psicopatico con tendenze ossessivo-compulsive. Dopo aver ucciso una donna che gli aveva chiesto soccorso per strada, si convince di dover continuare ad uccidere per raggiungere la perfezione.

USA, 1970. Jack, un ingegnere con il sogno irrealizzato di fare l’architetto, concede un passaggio in macchina a una donna di mezza età. Lungo il tragitto l’uomo la uccide con il cric della sua auto. Da quel momento Jack passerà da un omicidio all’altro guidato unicamente dal suo perfezionismo e da un’inquietante sindrome ossessivo-compulsiva. Quest’ultima è l’occasione per creare forse la migliore scena da killer psicotico mai raccontata; si va così a innestare su una narrazione che proietta pericolosamente lo spettatore nella mente di un lucido omicida.

Sì, ma fa paura? C’è sangue? Fa piangere? È lungo? È noioso? Sì, sì, sì… ma forse il problema di questo film – o meglio di chi lo vede – è nella domanda piuttosto che nella risposta. Perché? Arriviamoci insieme.

Polonia, 1543. Alla morte di Mikołaj Kopernik, in arte Copernico, viene pubblicato il testo “De revolutionibus orbium coelestium”, opera di riferimento di quel ribaltamento del sistema astronomico soprannominato “rivoluzione copernicana”. Col tempo il termine ha assunto il valore simbolico di indicare ogni drastico cambiamento di prospettive. Anche il cinema di Lars von Trier ha sempre vissuto pericolose sterzate. Basti pensare a Dogma 95, il Manifesto di stile sottoscritto dal regista danese e da Thomas Vinterberg. Si è battuto per questo “voto di castità”, per un ritorno al cinema realistico, dichiarando guerra all’establishment hollywoodiana col risultato di vedersi contrattaccato dalla critica di mezzo mondo. Col tempo qualcuno lo ha perdonato, altri lo hanno imitato. Lo stesso è accaduto con la scelta di narrare per trent’anni storie di donne psicolabili, tradite, perseguitate e immolate. Stessa storia. È stato criticato, accusato, perfino messo all’indice. Poi qualcuno decide di dargli credito… e puff! Lars ribalta tutto e annuncia una nuova verità fuggendo nella stanza accanto.

Ora, con l’uscita di questo film la critica ha immediatamente drizzato le antenne, temendo ulteriori scandali e provocazioni come all’uscita di Nymphomaniac nel 2013. Allora si trattò di un vero e proprio film erotico con scene marcatamente pornografiche. Stessa storia per Dancer in tha Dark (2000) in cui si sperimentò con il musical, o nel 1996, anno della scoperta del cinema romantico. Mai che avesse rispettato un principio di stile! Von Trier entra nel cinema di genere come un bambino con il viso ancora rigato dalle lacrime e con una macchina da presa tra le mani. E inizia a girare. Poi però non si accontenta, decide di andare oltre, di trasgredire le regole, di saltare su un altro pianeta. E così il suo film esplode dall’interno. Una cosa è certa, siamo di fronte a una costante rivoluzione copernicana. Così passiamo dall’amore in tinte rosee a drammi universali, dalle note di Sette spose per sette fratelli a crude esecuzioni capitali e il porno si rivela poi un impertinente giudizio senza appello verso il sesso maschile.

– Perché fai così, piccolo bambino?

– Perché? Ma perché lo sento dentro. D’altronde né mia madre, né mio padre mi hanno mai detto cosa era giusto fare, hanno preferito che lo scoprissi da solo, e così le regole non so proprio cosa siano. Poi intorno ai trent’anni ho scoperto che quello non era il mio vero padre, ed ho capito così che la solitudine che mi ha sempre raggelato il cuore non veniva da me ma da come mi hanno cresciuto. La psicanalisi mi ha insegnato a leggere tutto questo. Ed è con questo marciume salito a galla che dirigo film perché “gli artisti devono soffrire, il risultato è migliore”…

Sì, La casa di Jack è un film di genere con una vocazione all’autorialità che trasuda da tutto questo materiale umano. Niente di peggio per chi era entrato in sala col solo fine di godersi un thriller-horror. Effettivamente si tratta di un thriller-horror che fa paura, inquieta ecc… ma se vogliamo fermarci a questo resterà, come dice una parte della critica, un film trascurabilissimo. Ma vi assicuriamo che basta grattare un po’ la superficie per vedere che siamo di fronte al vero cinema d’autore, quello cioè che rispecchia la vita del suo regista. Scopriamo tra le pieghe del racconto un von Trier anticonformista, capace di provocare con immagini cinematograficamente ingiustificabili come la violenza sui bambini, la canzonatura dei sentimenti e addirittura una certa accondiscendenza per il nazismo, argomento caldissimo quando a menzionarlo è il regista danese.

Lo scopriamo anche profondamente autoironico giocando con le psicosi del protagonista. È lui Mr. Sophistication, è lui il protagonista di questo ennesimo film scandalo. Jack/Lars sale sulla torretta di un paesaggio squallido a impallinare tanti luoghi comuni e perbenismi, neanche più sopreso dall’incomprensione dei poliziotti/critici cinematografici che non sanno ascoltare la sua solitudine esistenziale. E nel silenzio dei vicini, che non rispondono alle sue grida di aiuto, decide di costruirsi da solo una casa. Lo fa ammassando le sue vittime in un senso di colpa coerente con la sua filmografia al femminile: dopo aver fatto fuori tanti uomini simboleggianti il male in terra, decide di porsi definitivamente dalla parte delle donne. Vuole ad andare fino in fondo verso una catabasi di autoaccettazione, si lascia così inghiottire per sempre dalle proprie paure senza che neanche un Virgilio/psicanalista possa tendergli più la mano. È dunque un testamento? Probabilmente sì, e ne siamo dispiaciuti. Ma non proveremmo mai a mostrargli il nostro dispiacere. Si farebbe una grassa risata.

 

GUSTO:

Thriller-horror disturbante dal retrogusto introspettivo con aggiunta di violenza gratuita e tanto tanto senso di rabbia nei confronti di quel grande falsario (o genio… o genio/falsario) di Lars von Trier.

 

SCENA CULT: Il picnic.

 

FRASE CULT: “Perché è sempre colpa dell’uomo?”

 

– Ulysses Everett McGill –

One thought on “La Casa di Jack

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8

Great

  • Dopo Charlotte Gainsbourg, Uma Thurman è la prima attrice che acconsente a lavorare con Von Trier per la seconda volta senza denunciarlo per il modo in cui il regista tratta gli attori sul set.
  • In una sequenza sono visibili alcune scene di film passati del regista danese: L'elemento del crimine (1984), Europa (1991), Il regno (1994) , Le onde del destino (1996), Dogville (2003), Antichrist (2009), Melancholia (2011) and Nymphomaniac - Volume 2 (2013)